ROVINE Se l'asse cede, se la voce affonda, c’è qui nell'aria la parola-ramo che ci tiene - Elisa Biagini
Io amo la rovina. La cicatrice visibile, il fuoco che respira sotto la cenere. I volti di marmo smezzati dal tempo, i lineamenti rotti, le parti mancanti. Gli dei antichi silenziosi ed incompleti, le colonne cadute a terra. Il luogo dove si celebravano i misteri, il prato sopra la terra che si è aperta quando Ade ha rapito Kore. Amo le crepe nei muri – fessure in cui riporre segreti. Amo ciò che è sopravvissuto, scampato al pericolo, rimasto in piedi fragile e stupefatto. Le consumate foto di famiglia, le facce cancellate di carte che si sgretolano.
Il segno visibile di quello che è andato perduto. Io amo la rovina, la pietra erosa dal destino. Torno indietro, torno a casa. Tocco le cose spezzate, sbeccate. Ascolto frammenti di storie come di lettere strappate e lasciate al vento. Raccolgo parole, scolorite superstiti di un tempo lontano Le immagini trovate in mercati di fantasmi. Dove fu tradimento- o guerra, peste- o semplicemente dolore. Dove fu amore la rovina. Dove la discendenza fa male. Ricordo. Torno indietro. Io sono questo pezzo mancante, io sono questa lacrima che esita. Io cerco e scavo a mani nude, a volte emergono ossa che furono nomi, nomi hanno bisogno di essere nominati.
Quel vuoto che ha scolpito il pieno. Quel cadere degli astri e dei pianeti. Il rumore del castello che brucia, l’esercito in fuga. Un cielo ripiegato, firmamento arrotolato, staccato come una vecchia carta da parati. La paura che riempie gli spazi, annulla ogni distanza di sicurezza. Non so fermare la guerra. Non so impedire il boato. Posso solo raccogliere ciò che resta, cucirne con arte sghemba il memoriale. Posso comporre miniature d’amore. Accogliere la ferita, la parola rimasta appesa- non udita. Posso pronunciare nomi che siano puntelli, nomi contro la morte contro l’oblio. Con gli occhi raccontare il segreto, ciò che è taciuto, i resti esili e possenti insieme. La tenerezza della rovina, la bellezza dopo il fuoco. Seguire le tracce, scavare, toccare con le dita ogni reperto. Immaginare ciò che è stato portato via, partire dal frammento per dire la storia. Ogni mia opera nasce dalla polvere, dal sommerso. Amo la rovina perché amo ciò che è fragile. Non lucidato, imperfetto, ammaccato. Io stessa sono nata rotta ma non ho riparato le mie ombre, non ho rammendato il nero del cuore. Ho esposto le rovine come si fa con le reliquie dei santi.
Non faccio che immaginare cosa c’era. La parte mancante del volto. La posizione della mano. Il paesaggio prima. Le parole che l’acqua ha cancellato o il fuoco bruciato. La forma prima del buio. Dentro il vuoto io metto possibilità. Il mio è un tributo alla povere.
Io amo la rovina.