There is no planet B! Affermano i giovani attivisti ambientali che protestano ispirati da Greta Thunberg perché gli adulti, negli anni hanno reso la loro casa un posto sempre più inospitale e meno abitabile. Ma davvero non esiste un ‘planet B’ per l’umanità?
Fino a un po’ di tempo fa questa domanda era quasi unicamente relegata nell’ambito della fantascienza. Poi, nell’ottobre del 1995, Michel Mayor e Didier Queloz dell’università di Ginevra confermarono la scoperta del primo pianeta orbitante attorno ad una stella che non è il Sole. Il pianeta ha massa simile a Giove e la sua stella, 51 Pegasi, non è molto diversa dal nostro Sole. Da quella prima scoperta ormai siamo a più di 4200 pianeti confermati (fonte https://exoplanets.nasa.gov/”) e probabilmente esiste la vita in una qualche forma su alcuni di questi, benché non si sia ancora trovata evidenza.
Quindi possiamo tranquillamente rispondere a Greta e agli altri giovani attivisti che non si devono preoccupare, perché in realtà da qualche parte esiste un planet B? Decisamente no. O meglio, potrà anche esistere un’altra Terra ma sarebbe così distante da essere per ora irraggiungibile. La stella più vicina a noi, Sole a parte, è Proxima Centauri, ha un pianeta nella sua zona abitabile, ed è distante circa 4 anni-luce. Alla velocità della sonda Parker Solar (circa 700 000 km/h – meno di un millesimo della velocità della luce), ad oggi la massima raggiunta da un mezzo nello spazio, ci impiegheremmo 6000 anni per raggiungere il sistema planetario esterno più vicino a noi. Al momento dobbiamo “accontentarci” di restare nelle vicinanze della Terra.
La fantascienza di qualità mischia da sempre l’immaginazione con le evidenze scientifiche del tempo, in molti casi anticipando nuove teorie o scoperte. Nei romanzi e nei racconti, prima, nei film e nelle serie TV, poi, l’uomo viaggia tra le stelle, abita diversi sistemi planetari in galassie diverse dalla nostra, ha inventato metodi per viaggiare veloce come la luce. Nel 1865 Jules Verne si immaginò un viaggio incredibile verso la Luna nel romanzo ‘’Dalla Terra alla Luna’’, circa 100 anni dopo, il 21 luglio 1969, gli astronauti americani Neil Armstrong e Buzz Aldrin furono i primi uomini a mettere piede sulla Luna.
Nel Gennaio del 1976 arrivò sugli schermi italiani una famosa serie di fantascienza, Spazio 1999. Il protagonista John Koenig, interpretato dall’attore Martin Landau, è il comandante della stazione Alpha costruita sulla superficie della Luna. Sono passati più di quarant’anni da allora ma ancora nessuna base lunare è stata realizzata dall’umanità e l’ultima volta che abbiamo camminato sulla Luna è stato nel 1972 con la missione Apollo 17. Ora però le cose stanno per cambiare: la NASA programma di mandare la prima donna sulla Luna nel 2024 e ha in progetto di stabilire una base lì per fare esperienza di come si possa vivere in un posto inospitale, a grande distanza dalla Terra, senza possibilità di approvvigionamenti. La missione prevede prima la realizzazione di una stazione orbitante attorno alla Luna (The Lunar Gateway), che servirà da modulo abitativo, centro di comunicazione e ovviamente laboratorio scientifico. Il tutto è parte del programma Artemis della NASA (https://www.nasa.gov/specials/artemis/).
La Luna non ha atmosfera, niente aria, vento, nuvole e pioggia. Il suo cielo è nero e stellato anche di giorno. E il giorno dura quasi un mese terrestre, in pratica la gran parte della sua superficie riceve luce dal Sole per due settimane e resta al buio per altre due. Non essendoci campo magnetico, si è più esposti alle letali radiazioni solari. Un ambiente totalmente inospitale e altamente pericoloso, citando Mark Watney (Matt Damon) nelle scene finali del film The Martian: “Questo è lo spazio, e non collabora”.
Nonostante tutto questo, è possibile sviluppare sulla Luna una colonia umana che dovrebbe vivere all’interno di edifici dalle pareti spesse, o meglio ancora parzialmente coperti dalla superficie, per proteggersi dalle radiazioni e da meteoriti e micrometeoriti, piccoli proiettili vaganti nello spazio che sulla Terra diventano, talvolta, lo spettacolo delle stelle cadenti. All’esterno, ovviamente, ci si può spostare soltanto indossando ingombranti tute spaziali dotate di respiratori. Per vivere servono ossigeno, acqua, cibo ed energia. Tutte cose che diamo per scontate sulla Terra e che a volte sprechiamo senza neanche renderci conto della loro importanza. Produrre queste risorse ed utilizzarle nel modo più efficiente, senza sprechi, è invece vitale nello spazio. Infatti, i costi per il rifornimento di risorse importanti, come acqua e cibo, sono troppo elevati, la colonia dovrebbe essere il più possibile autonoma.
Per l’energia, la soluzione più semplice è di impiegare pannelli solari, ma per un uso efficiente bisogna trovare un luogo che sia esposto al Sole per molti giorni, come ad esempio il polo sud lunare. Ai poli, sotto la superficie, sembra ci sia ghiaccio che potrebbe essere estratto e usato per produrre acqua, mentre le colture idroponiche, ossia la coltivazione delle piante in acqua anziché nel terreno, in ambienti chiusi e protetti e con illuminazione artificiale per simulare il Sole, potrebbero risolvere il problema della produzione di cibo.
Dopo aver fatto pratica sulla Luna, su come gestire distanze, isolamento e problemi pratici, si parte per il successivo grande passo: mettere piede sul pianeta rosso, Marte.
Ma perché proprio Marte? La risposta è semplice: perché l’uomo da sempre ha bisogno di esplorare, scoprire e conoscere. Marte infatti era nei “piani” degli scienziati già nel secondo dopoguerra. Nel 1952 venne pubblicato Das Marsprojekt, il libro di Werner von Braun, ancora oggi il manuale sui viaggi spaziali più autorevole, nel quale il padre della missilistica immagina una flotta di 10 astronavi, con 70 uomini a bordo, costruite su una stazione orbitante attorno alla Terra e rifornite di carburante in orbita, con razzi riutilizzabili.
Il viaggio sarà il primo grosso scoglio perché ad oggi non abbiamo sistemi di propulsione tali da permettere di spostarci da un pianeta all’altro del Sistema Solare in pochi minuti o poche ore, come invece si vede nella recente serie televisiva The Expanse. Nella migliore delle ipotesi servono 6 mesi per raggiungere Marte. E una volta arrivati che succede? Il giorno su Marte dura poco più di 24 ore, ci sono le stagioni come sulla Terra, c’è pure un po’ di acqua anche se sottoforma di ghiaccio. Ma non facciamoci illusioni, abitare il pianeta sarà davvero una lotta estrema. Analizzare i pericoli a cui gli astronauti potrebbero andare incontro sulla Luna e poi su Marte, e fornire soluzioni per la loro sopravvivenza in questi ambienti ostili, è lo scopo dell’istituto RETH (Resilient Extra-Terrestrial Habitats) formato da un team multidisciplinare di scienziati.
A differenza della Luna, Marte ha un’atmosfera, ma purtroppo l’aria marziana, composta quasi completamente di anidride carbonica, è tossica e irrespirabile. Non c’è nessuna possibilità di uscire e passeggiare liberamente sul pianeta rosso come facciamo sul nostro.
Gli abitanti di Marte dovranno sempre utilizzare all’esterno tute pressurizzate, caschi e bombole di aria terrestre. Dovranno stare attenti alle temperature che di giorno sono accettabili, ma di notte diventano polari. Dovranno proteggersi inoltre dalle pericolosissime radiazioni solari e cosmiche che raggiungono la superficie di Marte quasi indisturbate e danneggiano il nostro corpo, a differenza di quello che accade sulla Terra, dove il campo magnetico del nostro pianeta ci protegge e ci consente di vivere. In più, i “marziani” dovranno fare molta attività fisica perché la gravità è minore: una persona di 70 kg, su Marte ne pesa solo 27, sulla Luna addirittura 12. Sembra splendido, in fondo non occorre alcuna dieta per scendere di peso. In realtà la minor gravità implica che gli sforzi che dobbiamo fare per muoverci e portare o spostare cose sono molto minori e quindi i nostri muscoli perdono forza e le ossa diventano più fragili.
I marziani dovranno vivere in abitazioni sotterranee, costruite all’interno di caverne vulcaniche. Le città saranno molto probabilmente fatte di piccoli ambienti pressurizzati, anziché strutture enormi come quelle che si vedono nei film. Come sulla Luna l’energia arriverà di nuovo dal Sole. Su Marte non piove e non ci sono praticamente nuvole, quindi i pannelli solari possono operare alla massima efficienza. Ma ci sono periodicamente forti tempeste di sabbia che possono arrivare a coprire il pianeta anche per settimane, bloccando la luce del sole e rendendo difficile il funzionamento dei pannelli solari.
La coabitazione forzata e prolungata in ambienti ristretti causerà sicuramente problemi comportamentali e psicologici, come ha mostrato una recente simulazione effettuata a circa 2400 m di altezza sulle pendici di Mauna Loa, vulcano della Grande Isola di Hawaii. “We’ve learned all the ways that you can kill yourself on Mars” ha dichiarato un membro della missione. Anche i migliori possono finire per perdere il controllo e mettere tutti quanti in pericolo di vita, quindi chi andrà su Marte dovrà addestrarsi a lungo e molto duramente. Infine, i coloni marziani saranno assaliti dal senso di solitudine e di lontananza dagli affetti. A differenza di quel che accade nella Stazione Spaziale Internazionale (ISS) o che potrebbe accadere sulla Luna, la notevole distanza di Marte causa un ritardo nelle comunicazioni che va da 5 a 37 minuti (a seconda della posizione reciproca della Terra e di Marte, che varia nel tempo) e che rende impossibili le conversazioni in tempo reale. Purtroppo non si potranno fare videochiamate in diretta con i propri cari sulla Terra.
Se il secolo scorso ha visto l’uomo mettere piede sulla Luna e abitare in una stazione spaziale orbitante attorno alla Terra (l’ISS), questo secolo potrebbe essere quello in cui l’uomo parte alla ‘’conquista’’’ del Sistema Solare. Dopo la Luna e Marte potrebbe essere la volta di Europa o Encelado, rispettivamente lune di Giove e di Saturno, che presentano oceani di acqua sotto la superficie che potrebbero ospitare forme di vita.
Da abitante della Terra, l’uomo potrebbe diventare in un prossimo futuro cittadino del Sistema Solare. Esattamente come in The Expanse, che ci racconta di un sogno realizzato: la colonizzazione umana dell’intero Sistema Solare, con conseguente trasposizione su scala interplanetaria delle questioni politiche, economiche e sociali che ben conosciamo sulla Terra.
Infatti con l’entrata in campo di Elon Musk la conquista dello spazio da parte dell’umanità è diventata una questione concreta. Musk , ambientalista e sostenitore dell’energia solare, è ben consapevole che la Terra non sarà abitabile per sempre ed è innamorato dell’idea che gli umani debbano diventare una società spaziale. Considerato da tutti un visionario, ha creato SpaceX per accelerare lo sviluppo della tecnologia dei razzi, con lo scopo di stabilire una base permanente e autosussistente su Marte. Grazie a lui ora non parliamo più soltanto della possibilità di andare su Marte, ma discutiamo seriamente di se e come riusciremo a vivere e a colonizzare il pianeta rosso.
In conclusione, pur continuando a sperare che cresca e si sedimenti nelle nuove generazioni la consapevolezza che l’ambiente deve essere salvaguardato e che tutti dobbiamo contribuire a far sì che gli esseri umani continuino a vivere sulla Terra, è altamente probabile che presto o tardi una parte di noi si trasferirà su un altro pianeta, dando inizio così a un nuovo capitolo della storia dell’umanità.
[Astronomers]
Abitare altri mondi
[Living - 2020]